Storia delle sostanze stupefacenti, capitolo 1: l’eroina
Il 10 Agosto 1897 Felix Hoffmann riuscì a realizzare l’acetilazione dell’acido acetilsalicilico, creando così quella sostanza che sarebbe diventata famosa come Aspirina.
11 giorno dopo nacque, attraverso lo stesso processo operato sulla morfina, una sostanza che porterà il nome di Eroina, a sottolineare le sue proprietà mitiche, dato che si pensava potesse curare molte patologie senza gli effetti di dipendenza dati dalla morfina.
Pensata come alternativa alla codeina, veniva somministrata ai tubercolotici che da subito respiravano meglio, scambiando la sedazione del centro del respiro (quella che porta alla morte in overdose) per cura dell’affanno polmonare.
Usata per molte patologie sia su adulti che su bambini e donne in attesa, Heroin era somministrata anche a chiunque soffrisse di ninfomania: la sostanza limitava l’impulso sessuale.
Ci vollero 30 anni, fino al 1925, perché gli USA si rendessero conto dei milioni di eroinomani generati dall’impiego di questa sostanza.
Nel frattempo nel mondo intero se ne era ampiamente abusato, dall’Egitto, dove nel 1930 ogni 28 abitanti uno era dipendente da eroina, alla Cina, dove si fumava al posto dell’oppio, fino alla nostra Europa, in cui Portogallo e Cecoslovacchia decisero di bandirla nei primi anni Sessanta.
Successivamente al bando dall’uso farmacologico, la forte richiesta clandestina fece sì che il mercato dell’eroina divenisse fiorentissimo e tra il ‘77 e il ‘92 si trasformò in problema sociale, perché per comprarla spesso i dipendenti rubavano o si prostituivano.
A inizio anni Novanta, oramai decimate intere generazioni di consumatori e presa coscienza delle gravi conseguenze dell’uso di eroina, l fenomeno andò via via scemando, mentre le nuove droghe ricreative, come l’ecstasy, andavano a sostituirla sul mercato.
Oggi quasi 300mila persone in Italia fanno uso di eroina. Chi la inietta in vena e chi la fuma. Novantamila sono in trattamento presso i Serd ma il problema è tutt’altro che lontano.
Se ti sembra di riconoscerti, o riconosci questo comportamento in un tuo amico o familiare, chiamaci.
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